Archivio per January, 2009
Faber
Pubblicato da Marcella De Carli
Ricordando Fabrizio De Andrè
Pubblicato da Marcella De Carli
Questa sera avrei dovuto essere in piazza del Duomo, con la chitarra a cantare le sue canzoni. Me ne sto a casa, invece, ma in diretta con Annalisa, a cui devo queste parole bellissime. Grazie
Sono 10 anni e sembra ieri. Quando ho saputo che Fabrizio De André si era spento, ho semplicemente pianto.
Sembra buffo: non lo avevo mai conosciuto di persona, non avevo mai assistito ad un suo concerto… ma le sue canzoni erano state il mio pane. Mi avevano nutrito, sostentato, sostenuto, rinnovato. Erano state insegnamento, ridimensionamento, ragguaglio. Un faro nella tempesta, una figura paterna.
La sera stessa io e Fabietto andammo in piazza Duomo con gli altri e con la chirarra… Fabietto… che per non piangere mi stritolò una mano. Lui che, probabilmente, le emozioni aspetta che esplodano prima di riconoscerle e lasciarle andare.
E lì, proprio davanti al Duomo, avvenne una delle cose più belle che mi siano mai capitate: il barbone olandese che bazzicava abitualmente da quelle parti, mentre si cantava “Creuza de’ ma”, decise di regalarci un effetto speciale: tagliò la manica del suo giubbotto e improvvisò una nevicata di piuma che invase le chitarre, i convenuti, chi cantava, chi passava. Era bianco dappertutto e lui danzava, ubriaco e felice, sotto la pioggia leggera che si rinnovava ad ogni manciata… e la poesia della neve ci scaldava.
Era come se in quei fiocchi bianchi, caldi e impalpabili, ci fossero le mille parti di noi, così sbigottiti e persi, così sorpresi del nostro pianto, così insicuri ma con la certezza che, nel suo ricordo, ogni piuma che ci sfiorava per poi evitarci per la sua leggerezza, era “una goccia di splendore” che Fabrizio ci inviava.
Per questo tornerò in piazza Duomo stasera, per ricordare lo splendore che mi investì quella notte, nell speranza di riscaldarmi un po’.
I bambini e la neve a Milano
Pubblicato da Marcella De Carli
Il 5 gennaio ero in montagna, sull’appennino emiliano, decisa comunque a rientrare in serata. Poi hanno iniziato ad arrivarmi telefonate allarmanti sul tempo che andava peggiorando, amici e parenti che consigliavano il rientro improvviso in città perchè dal giorno della befana sarebbe scoppiato il finimondo.
Indecisi se partire di notte con la nebbia o di giorno con la neve, abbiamo, come nostra consuetudine, rimandato al domani. Così ci siamo messi in viaggio nella tarda mattinata del 6, quando a Milano già si erano depositati 10 centimetri di neve e sull’appennino iniziava a nevicare. Ci è andata bene, benissimo, almeno in autostrada. La tangenziale non era pulita ma si andava tranquillamente e noi abitiamo in periferia (una volta tanto una fortuna) e siamo arrivati a casa in tempo per non restare bloccati.
Il giorno dopo, il 7, è stato un incanto il risveglio. Bellissima Milano sepolta, silenziosa, ferma. Sarebbe stato perfetto se tutti, per un giorno almeno, avessimo deciso di fermarci, di scendere in strada a fare a palle di neve e a costruire pupazzi con i nostri bimbi.
Invece la nostra efficiente Sindaca ha deciso che nulla avrebbe fermato i milanesi e che le scuole sarebbero restate aperte. Così, stupidamente (me ne sono pentita!), abbiamo mandato i bambini a scuola, il più piccolo alla scuola dell’infanzia a duecento metri da casa, il grande alla primaria a due chilometri. Accompagnati dal papà (il grande in macchina), avrei dovuto poi ritirarli io.
Peccato che durante la giornata le notizie parlassero di una città bloccata, paralizzata, con strade impraticabili. Quindi, considerato che ho anche una neonata di 8 mesi, mi sono attrezzata per il recupero dei figli con zaino da montagna per la piccola e tute da sci per gli altri due. Sarebbe anche stata un’avventura se non si fosse messo a piovere…Ho, fortunamente, un padre che, se c’è, mi salva in queste situazioni, ma davvero ho avuto momenti di sconforto.
Come era ovvio che fosse i bambini hanno subìto dei super disagi: mancanza di insegnanti con conseguente divisione nelle varie classi (le maestre solo raramente abitano nei dintorni delle scuole in cui lavorano, nessuno ci pensa?), uscita anticipata per carenza di personale (già cronica nelle scuole dell’infanzia milanesi, figuriamoci con la neve!), freddo (ma è mai possibile che il riscaldamento venga acceso il giorno del rientro dalle vacanze dopo tre settimane di chiusura?!?), ritardo del cibo (che, dove è arrivato, è arrivato freddo). E, di fondo, tristezza per non essere stati capaci di goderci una giornata che avrebbe potuto essere speciale e che invece è stata solo faticosa.
In attesa che sia un buon anno, o che sia quello buono
Pubblicato da Marcella De Carli
Buon anno ai bambini e alle maestre
di Arturo Ghinelli, maestro elementare
Bambini, per il nuovo anno vi auguro tante mitiche sorprese.
- Una mamma e un papà che vi vogliano tanto bene senza se e senza ma. Di modo che possiate sentirvi sempre sicuri e non vi facciate mai prendere dalla paura, come capita sempre più spesso ai grandi.
- Una classe unica per tutti a scuola, indipendentemente dal paese di provenienza dei genitori, perché per fare amicizia con il vostro compagno di banco non gli chiedete il passaporto, vi basta che accetti di giocare, le parole verranno dopo…
- Una scuola aperta tutto il tempo necessario per imparare a stare con gli altri e per assaporare la cultura e la storia degli uomini e delle donne che sono stati bambini prima di voi.
- Una città che cresca con voi e vi ascolti prima di decidere come e cosa cambiare, perché ha capito che una città a misura di bambino è a misura di tutti.
- Un paese in cui ci siano più maestre che carabinieri, più bidelle che poliziotti, se non altro perché ci sono più bambini che delinquenti.
- Un mondo che tolga dalle strade i bambini abbandonati, tolga loro la fame, ne abbia cura e li istruisca utilizzando i soldi che prima spendeva per fare le guerre.
Alle maestre auguro invece di restare nel cuore dei propri ragazzi, così che, una volta diventati grandi, non avranno dubbi sulla necessità di scendere in piazza in difesa delle maestre.
- Una scuola che metta al centro il bambino e faccia affidamento sulla professionalità delle insegnanti.
- Una città che si ponga come vero e proprio ambiente d’apprendimento e perciò faciliti il lavoro delle insegnanti.
- Un paese che scommetta sulla formazione di tutti i suoi cittadini di ogni età e perciò investa capitali sull’aggiornamento delle insegnanti.
- Un mondo che in ogni suo angolo, anche il più remoto, offra gli insegnanti necessari ad aprire le scuole per tutti i bambini senza distinzione di sesso, razza o religione.
Infine faccio mio l’augurio che fece Gianni Rodari tanti anni fa:
“È difficile fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco.
Bambini imparate a fare le cose difficili: regalare una rosa al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi.“*Le maestre lo sanno e ci provano ogni giorno.
*Speciale Gianni Rodari, “Il Giornale dei genitori”, pag. 58-59, 1980