Archivio per May, 2009
Siamo già una società multietnica!
Pubblicato da Marcella De Carli
Sicuramente voglio continuare a pensare che l’Italia sia un Paese migliore, più civile, dei suoi governanti. Sicuramente la politica arriva dopo la società su tanti temi, in primis su cambiamenti epocali come quello che riguarda l’immigrazione. Dunque il nostro premier sostiene che noi non vogliamo una società multietnica…qualcuno gli dica che questa società c’è già da un po’ di tempo, per favore!
Siamo migliori dei nostri politici perchè viviamo la vita vera.
Io ho figli che andando nelle scuole pubbliche frequentano bambini di varie etnìe e questo comporta che anche le mamme si parlino. Ho una nuova conoscente, una mamma marocchina, che mi racconta un sacco di cose che io non so, per esempio che il Marocco tra i paesi arabi è uno di quelli in cui le donne sono più libere, che se lei tornasse a casa andrebbe a vivere a Casablanca perchè nel suo piccolo paesino si sentirebbe obbligata a portare il velo (ma ce la ricordiamo l’Italia di qualche decennio fa?), che le ragazze marocchine sono molto “aperte” e questo fa sì che la comunità egiziana, più chiusa, le giudichi….
Questa mamma ha una bambina poco più grande della mia e mi ha regalato dei vestiti per Francesca. Io, per esempio, non sapevo se nel mondo arabo si usa scambiarsi cose usate (benchè ne avessi date alla mia vicina Karima, non ho mai capito se la cosa la disturbava o no).
Ecco, cose piccole come queste, ma che fanno conoscenza e integrazione.
Mi piacerebbe che qualcuno mi raccontasse aneddoti su questo tema.
In sostegno di Veronica (e perchè)
Pubblicato da Marcella De Carli
Ecco, Sara mi ha girato questo bellissimo articolo di Vita Cosentino che racchiude esattamente il mio pensiero.
SIAMO TUTTE VELINE INGRATE
di Vita CosentinoFloris, il conduttore di Ballarò, aveva in mano un dispaccio Ansa, evidentemente appena arrivato, e con voce esitante e sommessa leggeva: “è un ciarpame senza pudore, tutto in nome del potere. Tutto a sostegno del divertimento dell’imperatore”. Parole di Veronica Lario, destinate a essere ripetute mille volte, che non sapeva bene come maneggiare, mentre veniva inquadrata la faccia irrigidita e imbarazzata di Alemanno. Diversamente, quelle parole produssero in me un immediato moto di approvazione. Ho pensato: “finalmente! Parole ben dette, quelle che ci volevano. Le sostengo in pieno.” “Forse perché sono una donna” mi sono detta.
Eppure no, il giorno dopo le reazioni femminili, erano sì di approvazione, ma tiepida e con molti distinguo. Per esempio le si rimproverava di essere offesa dai comportamenti privati del marito oppure ci si chiedeva cosa aspettasse a divorziare da un uomo simile (cosa che ora ha deciso di fare). Certo, le motivazioni che spingono all’agire sono tante e in parte ambigue, ma questo non può fuorviarci. In questi rivoli rischia di perdersi la pregnanza politica del gesto. Conta veramente che Veronica Lario si è esposta pubblicamente con parole che hanno prodotto un significativo spostamento. Infatti la discussione non riguarda principalmente se giovani e belle donne, laureate e plurilingui, possano o no fare politica a causa del loro passato da veline. Riguarda invece - e con le sue parole, lei l’ha messa al centro - la faccia tracotante e corruttrice del potere, da imperatore da basso impero che macina e usa tutto quello che gli capita sottomano: giovani donne colte, disposte a tutto per emergere, ridotte al rango di cortigiane e di comparse. Al centro è lo strapotere cinico e maschilista del premier.
Il giorno prima delle dichiarazioni di Veronica Lario, su questo punto aveva già aperto un conflitto Sofia Ventura, di area AN, docente di scienze politiche all’università di Bologna, sul periodico on line della Fondazione Fare Futuro. Nel suo articolo accusa la dirigenza del partito di far uso di bei corpi femminili “allo scopo di proiettare una (falsa) immagine di freschezza e di rinnovamento”. Pretende che i vertici del partito si ricordino che le donne “non sono gingilli da utilizzare come specchietti per le allodole, non sono nemmeno fragili esserini bisognosi di protezione da parte di generosi e paterni maschi, le donne sono, banalmente, persone”. Con le sue parole Sofia Ventura ha smascherato “l’operazione facce nuove” a cui tanto teneva il premier, e l’ha mostrata per quello che è: l’operazione più vecchia del mondo e che si pensava di non dover più vedere in tempi di libertà femminile.
Veronica Lario non ha agito da sola, ha appoggiato le accuse avanzate da alcune donne ex-AN, portandole all’affondo finale, che forse solo lei poteva fare, proprio perché la più coinvolta, anche umanamente. Ora che la politica novecentesca è a pezzi e avanza una politica “in soggettiva”, questo ha un forte peso: chi è più dentro la cosa, trova, spesso dal profondo di una ferita, le parole più oneste e necessarie per dire la realtà dal suo interno. È stato anche un gesto politico di grande efficacia, stante il dietrofront che ne è immediatamente seguito, con la caduta di parecchie candidature velinate.
Apprezzare fino in fondo, senza se e senza ma, le parole di Veronica Lario, per me ha anche il senso di fare argine, da donna, all’ondata misogina che ha afferrato parecchi maschi di fronte al suo gesto pubblico. Se è facile stigmatizzare il comportamento dei giornalisti di Libero che si sono scagliati contro di lei, distorcendo come di consueto la realtà, ma con una volgarità e un’acrimonia veramente inquietanti, che dire di alcuni conduttori di Radio Popolare che per lei mandavano in onda divertiti In pe’ di Iannacci? Anche Alessandro Robecchi c’è rimasto impigliato: ha un’idea buona - finalmente abbiamo il capo dell’opposizione: è Veronica Lario - ma la perde per strada, perché non resiste a quella punta di misoginia acida che gli fa tradurre e svilire tutte le sue parole, frase per frase, in termini di convenienza personale. (Manifesto 30-04-09)
Leggo su Repubblica (3-05-09) che Veronica Lario quando ha visto quelle sue foto su Libero ha capito di essere davvero “sola e minacciata” e che, a proposito della richiesta di divorzio, abbia detto alla figlia Barbara: “Sono molto preoccupata di ciò che potrà accadere, ma ho la libertà di andare avanti”. Ecco, io vorrei farle sapere che non è sola, ha il sostegno di innumerevoli donne come me. Cara Veronica, le tue parole rimarranno.
Il corpo delle donne
Pubblicato da Marcella De Carli
un documentario da vedere tutto
Gli auguri a mia figlia
Pubblicato da Marcella De Carli
Francesca oggi compie un anno.
Dopo due figli maschi mi ritrovo a riflettere sul significato dell’essere madre di una bambina. Di una futura donna.
Sono figlia del femminismo e mai mi sarei aspettata di vivere con mia figlia un mondo intrinsecamente più maschilista di allora.
Un mondo in cui esistono, per esempio, bikini per neonate. Un mondo in cui ancora le insegnanti di scuola dell’infanzia dividono i giochi dei maschi da quelli delle femmine. Un mondo in cui i modelli delle giovani protagoniste dei cartoni animati sono ancora delle principesse sfigate che ottengono qualcosa solo grazie alla loro bellezza e al loro essere remissive. Un mondo in cui un capo di governo invita a sposarsi con un miliardario per uscire dal disagio della disoccupazione. Un mondo in cui anche se non vali niente basta essere belle e disponibili per ottenere una candidatura. Un mondo in cui a parità di competenze e di rendimento lavorativo una donna guadagna meno di un uomo. Un mondo in cui alle donne è concesso di lavorare ma non viene loro riconosciuto il valore del lavoro di cura.
Un mondo in cui insomma devi essere sempre allegra, disponibile, brava lavoratrice, prenderti cura dei tuoi figli e degli anziani di casa, senza smettere mai di corrispondere al modello estetico diffuso, soprattutto, altrimenti rimarrai sola.
E questo solo parlando del mondo a noi conosciuto e vicino.
Auguri piccola, la tua mamma ti dona il suo impegno per farti vivere un futuro migliore di questo presente.
Intanto, fortuna tua, ti è toccato un papà che condivide tutto questo. E due fratelli grandi che speriamo siano per te un buon esempio maschile.
La laurea delle veline
Pubblicato da Marcella De Carli
In tutta questa discussione sulla candidatura delle cosiddette veline mi fa orrore il continuo riferimento ai loro titoli di studio, quasi che questo debba essere garanzia di sapere politico o di capacità riconosciute nel sociale.
Considerato poi che oggi una laurea pare non negarsi a nessuno (qualcuno ha presente Anna Falchi e il suo ex Stefano Ricucci?), continuo a credere che la politica debba essere aperta a tutte le classi sociali indipendentemente dai titoli. Meno male che questo almeno Franceschini l’ha sostenuto ieri sera Ballarò.