Archivio per June, 2009
La storia di Bruna
Pubblicato da Marcella De Carli
Ho scoperto questa storia che credo valga la pena di essere diffusa.
Il corpo delle donne - 2
Pubblicato da Marcella De Carli
Ieri sera a Milano la sala della Camera del lavoro era strapiena, con persone sedute per terra e altre in piedi in fondo, per assistere alla proiezione del video “il corpo delle donne” e per partecipare al dibattito con i registi moderato da Assunta Sarlo.
Gli interventi hanno preso una piega che definirei politica, antropologica e sociologica. Interessante. Poco spazio è rimasto per affrontare quello che però io sento come una urgenza davvero reale, ovvero l’aspetto dis-educativo della televisione.
Ricordo che quindici anni fa in Università studiavo sui primi testi che analizzavano i danni della televisione sui bambini, ma se ripenso a “quella” televisione mi viene da ridere.
E’ utile che il documentario venga mostrato nelle scuole medie e superiori, ma, scusate, mi sembra che possa valere un po’ come il metadone dato ai tossici. Arrivati a dodici anni io credo che i ragazzi siano ormai assuefatti a certe immagini e a certi messaggi.
Vorrei anche che emergesse come il rischio sia più alto per i figli delle classi sociali più povere economicamente e culturalmente, dove è prassi che la televisione sia accesa durante il giorno come sottofondo (come dice una persona che conosco “mi fa compagnia….”). Gli autori testimoniano di come il materiale utilizzato per la realizzazione del video si riferisca solo alla fascia che va dal mattino alle otto di sera!
Qualcuno sceglie, come me, di supervisionare ciò che i figli vedono (per la maggior parte film in dvd), ma la televisione arriva loro comunque quando vanno a casa degli amici, dei nonni, dei vicini di casa…
Non è quindi un fatto privato ma sociale e come tale deve essere affrontato, se si pensa che nella scuola dell’infanzia ci sono educatrici, cresciute con questa televisione, che si complimentano con le bambine vestite da piccole seduttrici o che deridono bimbi che si approcciano a giochi da “femmine”.
Se, come diceva Maria Montessori, “il bambino è il padre (e la madre, n.d.r.) dell’uomo (donna) adulto che diventerà un giorno”, dovremmo fermarci a pensare a chi stiamo crescendo; piccole geishe e piccoli, violenti, conquistatori impotenti.
La libertà di essere schiave
Pubblicato da Marcella De Carli
Ho appena finito di guardare il video in cui una delle ragazze dei festini di Papi si racconta con candore e, quasi ignara del loro peso, lascia scivolare parole su parole tutta tesa a voler ridimensionare il suo ruolo e ad uscirne in qualche modo “pulita” agli occhi della gente.
Mi sento colta da un senso di profondo smarrimento verso questo mondo di uomini potenti, sfruttatori dall’aria bonaria, e insieme da un sentimento di umana solidarietà verso una giovane mamma di 23 anni, in difficoltà economiche che, cresciuta a televisioni del premier di questo provincialissimo Paese, nemmeno per un momento viene sfiorata dal dubbio della bontà di ciò a cui lei si è prestata. E’ lavoro, mi pagano, non ho fatto nulla di male. Era fidanzata, il tipo l’ha mollata, e lei allora è finita fare compagnia a Silvio, altrimenti quello che avrebbe desiderato più di qualunque altra cosa sarebbe stato fare “la mamma e la moglie”. Papi ne esce ai sui occhi come un simpatico benefattore mandato da Dio.
Io non so che cosa sia successo alle donne di questo nostro piccolo paesello, di certo mi pare che tutta la storia sia emblema di una falsa libertà realmente mai conquistata.
La scuola è finita
Pubblicato da Marcella De Carli
La scuola è finita. E con la fine dell’anno scopriamo la fine di un sacco di cose, soprattutto la fine dell’idea di una scuola democratica, per tutti, per chi va avanti e per chi resta indietro, per chi è avvantaggiato da risorse personali e familiari e per chi è affaccendato nella sopravvivenza.
Un ottimo resoconto lo trovate qui.
Infiltrazione ecclesiastica in pubblica scuola
Pubblicato da Marcella De Carli
La minaccia papista che grava sulla scuola repubblicana
di Pierfranco Pellizzetti, da Il Secolo XIX
«La prima battaglia per la democrazia la si combatte difendendo la scuola pubblica», tuonava Dario Franceschini nei suoi ultimi comizi elettorali. E così, prima ancora che “di sinistra”, diceva “qualcosa di repubblicano, di civico”.
Ma la scuola pubblica non è sotto minaccia soltanto per la politica di prosciugamento finanziario e tagli promosso dal duo Gelmini-Tremonti. Perché all’azione devastatrice esterna se ne affianca da tempo una per vie interne, molto meno visibile quanto ben più insidiosa: la lenta corrosione dei principi ideali e delle ragioni stesse che fanno della scuola pubblica la colonna portante della democrazia reale.
Dunque, la strategia – definibile “entrista” e in cui spicca Comunione e Liberazione, organizzazione in bilico tra affari e fondamentalismo religioso – che destabilizza silenziosamente l’impianto culturale dell’insegnamento come laicità del pensiero attraverso l’immissione di un personale docente portatore e propugnatore di valori alternativi.
Gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra, dicevano i latini. E queste gocce, diventate il fiume carsico che quotidianamente trascina via frammenti preziosi di un mosaico cognitivo dato per intangibile e finalizzato a forgiare personalità da “buoni cittadini”, sono le centinaia di professoresse e professori entrati nelle aule quali insegnanti di religione e poi regolarizzati, stabilizzandoli nel ruolo come docenti titolati in qualsivoglia materia. Senza selezioni né concorsi (tra l’altro, in spregio alla folla di precari in attesa da decenni della legittima certezza di un posto di lavoro sicuro).
Con evidenti effetti sovversivi riguardo al ruolo esercitato. Infatti, se la scuola repubblicana è per principio fedele alla Repubblica Italiana, la fedeltà di queste nuove immissioni tende invece a rivolgersi (spesso esclusivamente) verso chi li ha scelti e messi in cattedra: i propri vescovi. Situazione acuita dal fatto che nei paesi civili “religione” significa “storia delle religioni”, mentre nelle nostre istituzioni scolastiche il tutto si riduce a “dottrina di Santa Romana Chiesa”.
Sicché ne risultano stravolti i criteri stessi d’insegnamento. Per cui il “sommo Dante” è tale perché sbatte gli eretici all’inferno, non in quanto straordinario esponente intellettuale della propria epoca (che talvolta era capace di inserire lampi di poesia in un ragionamento tra il politico e il teologico); Galileo Galilei viene misurato esclusivamente sul metro dell’ortodossia e dell’abiura, a prescindere dal valore intrinseco del suo contributo rivoluzionario.
Per cui la nobiltà della didattica risulta troppo spesso svilita a puro indottrinamento, agit-prop. Come ne danno preoccupante testimonianza recenti casi di “questioni sensibili” affrontate nelle nostre aule in discussioni che hanno visto gli ex professori (e professoresse) di religione, ormai ascesi al rango di tuttologi, fare sovente la parte del leone; quali cinghie di trasmissione delle tesi dell’alto clero vaticano presentate come verità indiscutibili: dalle vicende drammatiche di Eluana Englaro, costretta a vegetare in una sorta di non-vita imposta dall’alimentazione forzata a mezzo sondino, alle posizioni del papa in Africa riguardo alla contraccezione per i malati di AIDS.
Insomma, un’evidente e permanente minaccia per lo spirito critico, matrice in prospettiva di obbedienti greggi papiste.
Bene ha fatto il cattolico Franceschini a porre il problema. Resta da vedere quanto i maggiorenti del suo partito intendano seguirlo. Quegli stessi che sfilarono all’UDC una fanatica religiosa anti testamento biologico, tal Dorina Bianchi, per metterla al posto del cattolico laico Ignazio Marino.
Sul governo in carica è inutile far conto, visto il suo ostentato disinteresse per i principi repubblicani. Cui antepone quanto gli conviene e i relativi sondaggi.(10 giugno 2009)