Archivio per la categoria 'Scuola'
Do ut des, il Papa dà, il Papa toglie
Pubblicato da Marcella De Carli
Quindi, vediamo. Il tar del Lazio dice che i crediti formativi ottenuti frequentando l’ora di religione sono discriminatori.
Il TAR, dopo aver ricordato il principio della laicità dello Stato, enunciato dalla Corte Costituzionale come “garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà religiosa, in regime di pluralismo confessionale e culturale (C. Cost. n.203/89), ha precisato che “sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico”, la scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica deve essere assolutamente libera e in nessun modo condizionata. “In una società democratica” ha affermato il TAR, “certamente può essere considerata una violazione del principio del pluralismo il collegamento dell’insegnamento della religione con consistenti vantaggi sul piano del profitto scolastico e quindi con un’implicita promessa di vantaggi didattici, professionali ed
in definitiva materiali”.
Ma la vera “sentenza” mi pare questa
A tal proposito, “lo Stato, dopo aver sancito il postulato costituzionale dell’assoluta, inviolabile libertà di coscienza nelle questioni religiose, di professione e di pratica di qualsiasi culto “noto”, non può conferire ad una determinata confessione una posizione “dominante” - e quindi una indiscriminata tutela ed un’evidentissima netta poziorità - violando il pluralismo ideologico e religioso che caratterizza in defettibilmente ogni ordinamento democratico moderno”, infatti “qualsiasi religione- per sua natura - non è né un’attività culturale, né artistica, né ludica, né un’attività sportiva né un’attività lavorativa, ma attiene all’essere più profondo della spiritualità
dell’uomo ed a tale stregua va considerata a tutti gli effetti”.
E’ una cosa enorme, grandiosa!!!! Ma non mi sembra sia esplosa una bomba….o forse sì, se il Vaticano si affretta a ricordare che l’ora di religione DEVE essere di religione cattolica e non vagamente di etica o di “storia delle religioni”. E così richiama all’ordine quei pochi IRC illuminati che si sono guardati bene dal fare dottrina a scuola.
Chissà che posizione prenderà la nostra politica. Ora che Silvio tramonta all’ombra del compagno Fini grazie all’aiutino della Chiesa. Intanto sappiamo sicuramente come la pensa la Binetti, che in ogni caso sta sempre lì.
Come si “costringe” alla religione cattolica nelle scuole
Pubblicato da Marcella De Carli
Ancora oggi mi sono ritrovata a spiegare alle mie nuove colleghe la necessità e l’obbligo di offrire un’alternativa all’ora di religione cattolica nella scuola dell’infanzia. Mi rendo conto che è difficile rimuovere abitudini (e comodità) decennali, ma forse sono riuscita ad aprire una breccia.
Ecco un eccellente articolo che spiega come si fa ad obbligare indirettamente alla frequenza dell’ora di religione.
Liberi di scegliere
Pubblicato da Marcella De Carli
Mi piace assai questa citazione. Tantissimo. Mi piacerebbe che chi ritiene opportuno l’insegnamento della religione a scuola ne prendesse spunto. Alè.
«I bambini sono troppo piccoli per conoscere le proprie opinioni religiose. Esattamente come non si può votare fino a 18 anni, si dovrebbe essere liberi di scegliere la propria cosmologia e la propria etica senza l’impertinente presunzione da parte della società che si erediteranno quelle dei genitori. Dovremmo restare allibiti se ci raccontassero di un bambino leninista o di uno neoconservatore. I bambini non dovrebbero sentirsi descritti come “bambini cristiani” ma come “bambini di genitori cristiani”. Questo di per sé darebbe loro consapevolezza, rendendoli in grado di formare le proprie menti e scegliere se avere una religione e quale, anziché credere che religione significhi solo “stesse credenze dei genitori”»
(Richard Dawkins)
Dagli una sberla! Più forte!!!
Pubblicato da Marcella De Carli
Scuola dell’infanzia. Fine giugno, i giochi sono tutti lavati e impacchettati. I bambini non sanno più a cosa giocare, disegnano con i residui di pennarelli lamentando la mancanza di molti colori per loro importantissimi “non c’è più il nero!” “il rosso è scarico…”. In questa scuola non possono nemmeno uscire fuori perchè ci sono stati avvistamenti di serpenti e nonostante l’impegno del Comune a sanare la situazione le insegnanti non si fidano. Non tutte almeno.
Così mi si chiede di tenerli tutti buoni davanti alla televisione mentre si finisce il riordino delle cosiddette “parti comuni”, cioè il salone, il dormitorio (stendo un velo pietoso sul termine e sul concetto), aula di psicomotricità etc etc. Mi rifiuto categoricamente di mettere i bambini di fronte al video anche a scuola e alla fine la spunto, portando in giardino le due classi delle maestre coraggiose che osano barattare il remoto rischio di incontrare un serpente con un intero anno scolastico passato al chiuso.
Ma poi fa caldo, davvero caldo, e ci sono zanzare, tantissime. Così finisce che la maggior parte del tempo la si passa in salone, dove i bambini corrono, si scontrano e si arrampicano su giochi di plastica; non esistono angoli attrezzati per giochi “tranquilli”.
In salone succede di tutto, dalle feste (tre in cinque giorni!) di compleanno delle insegnanti con torte esibite e non offerte ai bambini a scene come questa: due maestre chiacchierano tra loro quando un bambino grandicello si avvicina frignando (non piange, si lamenta), una delle due lo prende per mano stizzita e gli chiede di mostrargli il colpevole. Eccolo, avrà quattro anni. Con un colpo di genio educativo la collega mette i due bambini uno di fronte all’altro e dice all’offeso “dagli una sberla!”. Lui la guarda allibito ma lei glielo urla di nuovo “dagli una sberla!!!”. Il bambino offeso guarda il colpevole con gli occhi bassi e gli appoggia la mano sulla guancia. La maestra grida “più forte!”. E così parte lo schiaffone.
Il corpo delle donne - 2
Pubblicato da Marcella De Carli
Ieri sera a Milano la sala della Camera del lavoro era strapiena, con persone sedute per terra e altre in piedi in fondo, per assistere alla proiezione del video “il corpo delle donne” e per partecipare al dibattito con i registi moderato da Assunta Sarlo.
Gli interventi hanno preso una piega che definirei politica, antropologica e sociologica. Interessante. Poco spazio è rimasto per affrontare quello che però io sento come una urgenza davvero reale, ovvero l’aspetto dis-educativo della televisione.
Ricordo che quindici anni fa in Università studiavo sui primi testi che analizzavano i danni della televisione sui bambini, ma se ripenso a “quella” televisione mi viene da ridere.
E’ utile che il documentario venga mostrato nelle scuole medie e superiori, ma, scusate, mi sembra che possa valere un po’ come il metadone dato ai tossici. Arrivati a dodici anni io credo che i ragazzi siano ormai assuefatti a certe immagini e a certi messaggi.
Vorrei anche che emergesse come il rischio sia più alto per i figli delle classi sociali più povere economicamente e culturalmente, dove è prassi che la televisione sia accesa durante il giorno come sottofondo (come dice una persona che conosco “mi fa compagnia….”). Gli autori testimoniano di come il materiale utilizzato per la realizzazione del video si riferisca solo alla fascia che va dal mattino alle otto di sera!
Qualcuno sceglie, come me, di supervisionare ciò che i figli vedono (per la maggior parte film in dvd), ma la televisione arriva loro comunque quando vanno a casa degli amici, dei nonni, dei vicini di casa…
Non è quindi un fatto privato ma sociale e come tale deve essere affrontato, se si pensa che nella scuola dell’infanzia ci sono educatrici, cresciute con questa televisione, che si complimentano con le bambine vestite da piccole seduttrici o che deridono bimbi che si approcciano a giochi da “femmine”.
Se, come diceva Maria Montessori, “il bambino è il padre (e la madre, n.d.r.) dell’uomo (donna) adulto che diventerà un giorno”, dovremmo fermarci a pensare a chi stiamo crescendo; piccole geishe e piccoli, violenti, conquistatori impotenti.