Archivio per la categoria 'Servizi infanzia milano'
Verso lo smantellamento dei servizi all’infanzia di Milano
Pubblicato da Marcella De Carli
Ce la stanno mettendo tutta per distruggere decenni di lavoro e di impegno. E lo fanno senza confronto tra le parti, senza una minima motivazione che si regga su un’idea, un pensiero, se non quello del risparmio, celandosi dietro le esigenze delle famiglie (io sono tre volte genitore, ma come fruitore dei servizi all’infanzia del Comune di Milano nessuno mi ha mai chiesto quali fossero i miei bisogni o le mie aspettative…).
Mi sembra lo specchio di ciò che sta succedendo in Italia, dove qualcuno decide e tutti devono ubbidire.
Così è accaduto con Tremonti-Gelmini che, con prepotenza e senza chiedere il parere a chi si occupa di scuola (il mondo accademico) e a chi la scuola la fa (studenti, insegnanti e genitori), hanno potuto sferrare un tale attacco all’esistente da poter lasciare immaginare l’inizio della fine. O la fine della fine…
Prima i milanesi, quindi i morattini, ultimi i clandestini!
Pubblicato da Marcella De Carli
Se Milano, come tanti dicono, è il banco di prova per la nazione intera, le politiche per l’infanzia del Comune fanno pensare: dunque, a due anni e mezzo si può essere tranquillamente catapultati in un mondo alieno se hai il passaporto padano, viceversa se sei pronto e desideroso di stare con altri bambini ma non hai il bollino giusto ti lasciano fuori! EVVIVA L’ITALIA!
Moioli: sugli stranieri recepita l’ordinanza del giudice
Asili, il Comune «apre» ai clandestini
Iscritti anche i figli di immigrati irregolari. Ma precedenza ai milanesi
MILANO - Classi aperte ai bambini figli d’irregolari. L’anno prossimo potranno regolarmente iscriversi alle materne. «Abbiamo recepito l’ordinanza del giudice, come accadde già l’anno scorso», spiega l’assessore comunale alle Politiche sociali Mariolina Moioli. Riferimento chiaro e diretto alle polemiche dell’anno scorso, esplose dopo il ricorso di una donna maghrebina, immigrata irregolare, che si era vista respingere l’iscrizione della figlia. Mesi di polemiche, tra aule di Tribunale e interpellanze in Parlamento.
Quest’anno l’apertura ai figli degli irregolari è messa nero su bianco, a partire proprio dal regolamento per l’iscrizione alle scuole dell’infanzia che oggi apparirà sul sito del Comune. Iscritti sì, ma in coda agli altri. Precedenza assoluta ai residenti nel Comune di Milano, nati tra il primo gennaio 2004 e il 30 aprile 2007. A seguire poi — ed ecco la seconda novità — i bambini nati tra il primo gennaio e il 30 aprile 2007, gli «anticipatari», che debuttano in aula già a due anni e mezzo, come prescritto anche dal ministero dell’Istruzione. Milano s’adegua e, anche in questo caso, recepisce. Poi, e solo poi, vengono i bambini «presenti abitualmente nel Comune di Milano privi di una residenza anagrafica». Gli irregolari, appunto.
Andrea Senesi
04 febbraio 2009
Scuole dell’infanzia del Comune di Milano e maestro unico
Pubblicato da Marcella De Carli
Ecco, ho letto l’articolo di Repubblica e mi dispiace dire che la bravissima e gentilissima Zita Dazzi secondo me ha preso una cantonata. Mi spiego. Il sindacato Sdl (che mi pare possa essere una “fonte”) ha messo in giro questo volantino in cui lega tre cose che tra loro centrano sì, ma solo indirettamente, ovvero:
- la riforma gelmini
- il maestro unico
- l’adeguamento agli orari “statali”
Allora, sembra quasi che gli orari delle Scuole d’infanzia statali cambieranno dall’anno prossimo e che il comune si adeguerà. Non solo, parebbe così che sia passato il modello del maestro unico alla materna. Non è così!!!!
Io insegno in una scuola statale, il contratto è diverso da quello comunale perchè prevede 25 ore settimanali a fronte delle 30 del Comune. Ovvero 5 ore al giorno contro le 6 del Comune. Significa che, se la scuola è aperta dalle 8 alle 16, un’insegnante fa dalle 8 alle 13, l’altra dalle 11 alle 16. Compresenza di 2 ore soltanto durante il pranzo.
E’, oggettivamente, poco, molto poco.
Se il Comune volesse adeguarsi allo Stato (ma a quello che già c’è, non c’entra nulla la Gelmini!), potrebbe ipotizzare degli orari tipo: un’educatrice 8/14, l’altra 10/16. Significano comunque quattro ore di compresenza al giorno contro le due dello Stato. Dov’è il maestro unico?
Se poi vogliamo dire che questo andrà ancora di più a scapito della qualità è verissimo. Passeremmo da 5 ore di compresenza (ora una educatrice fa 9/15 e l’altra 10/16, il pre-scuola e il dopo-scuola sono organizzati a turno) a quattro. Riconosco che essere in due piuttosto che da soli spesso è meglio, soprattutto con classi sempre più numerose, con bambini con difficoltà privi di sostegno, con scarsità perenne di materiale e senza nessuna formazione permanente. Io faccio una fatica boia da sola per tre ore, spesso senza il sostegno etc etc….
Però è importante dire le cose giuste. Non ci sarà nessun maestro unico. Semplicemente sarà sempre peggio!
Piena solidarietà alle educatrici dei nidi e delle scuole dell’infanzia del Comune di Milano
Pubblicato da Marcella De Carli
La faccenda la conosco molto bene, in qualche modo faccio parte della scintilla che ha appiccato il fuoco.
I servizi all’infanzia del Comune di Milano, una volta fiore all’occhiello della città, stanno da anni vivendo una fase di declino, complici giunte interessate più a fare cassa che a investire sul futuro.
Si è iniziato con le esternalizzazioni selvagge, andando ad appaltare a cooperative esterne servizi come la distribuzione dei pasti e le pulizie, con conseguente risparmio sul personale ATA (commessi). Nelle scuole di cinque sezioni fino allo scorso anno erano presenti cinque commessi, da quest’anno sono solo due. Le pulizie vengono fatte da un’impresa al termine dell’orario scolastico mentre i pasti vengono distribuiti dalle cosiddette “scodellatrici” retribuite una vera miseria (mi dicono 6 euro all’ora) per svolgere in poco tempo un lavoro assurdo. Questo non solo comporta uno scadimento del servizio, ma mette anche a rischio la sicurezza di chi a scuola ci vive. Un esempio per tutti: se alla mattina c’è un solo commesso alla porta durante l’ingresso e in classe una sola educatrice con 25/26 bambini (se va bene) e succede qualcosa anche di banale, tipo un bimbo che si fa male o che si sporca, a questo punto o l’educatrice lascia la classe sola, o il commesso, per venire in aiuto, abbandona l’ingresso.
Ma l’esternalizzazione meno sopportabile è, e ormai da anni, quella degli educatori che si occupano del sostegno ai bambini disabili. Questo sia su un piano umano (se la cooperativa perde l’appalto, come è successo, il bambino perde l’educatrice di riferimento e questa viene invitata, se vuole mantenere la continuità nel suo lavoro, a cambiare cooperativa!), sia su un piano professionale (se l’insegnante è riconosciuta come sostegno alla classe e non al bambino, come si giustifica un orrore del genere? Abbiamo educatrici di serie B per bambini di serie B!).
Tanto tanto tempo fa, quando le scuole materne del Comune di Milano facevano gola a qualsiasi educatore (allora si preferiva il comune allo stato!), quando la formazione offerta era interessantissima, arricchente e davvero una risorsa, quando nei nidi e nelle materne si respirava professionalità ed entusiasmo, quando il mestiere era chiaramente una scelta, quando i genitori imparavano dalle maestre, quando si pensava a Milano come città dei bambini, ecco, ci fu un tempo in cui fare questo mestiere era un privilegio. In cui mai veniva a mancare il “significato” del proprio lavoro. In cui si riconosceva, anche economicamente, il valore dell’educatore.
A quei tempi (parlo di una quindicina di anni fa), la famosa sesta ora, l’ora in più quotidiana che il Comune prevede rispetto al contratto statale, veniva retribuita 200.000 lire. Oggi si parla 103 euro.
A quei tempi le educatrici “regalavano” normalmente ore al loro lavoro, perchè erano gratificate e rispettate.
A quei tempi i Centri estivi erano gestiti internamente dal personale del Comune che, per i quindici giorni di lavoro a luglio, veniva retribuito in più e otteneva la possibilità di recuperare alcuni giorni durante l’anno scolastico.
Negli ultimi anni, però, il Comune ha iniziato, come dicevo, ad esternalizzare quanti più servizi tra i quali, appunto, i Centri estivi. Mantenendo l’offerta alle educatrici di lavorarci (sempre con retribuzione aggiuntiva e recupero di giorni), su base volontaria, la copertura dei posti mancanti avveniva tramite appalto esterno. Un tempo, pare, non ce n’era bisogno.
Ora, qualcuno si è chiesto come mai le educatrici si siano disaffezionate al lavoro di luglio? Io ho provato a parlare con alcune di loro e la risposta è che non ce la fanno più; non ce la fanno perchè durante l’anno scolastico sono messe in condizioni di lavoro faticose e sempre più stressanti, con aumento del numero di bambini per sezione, carenza cronica, ormai, di personale, senza più i commessi a dare una mano e, soprattutto, senza più il collante della motivazione al proprio mestiere.
Lo scadimento dei servizi ha fatto sì che alcuni genitori, eletti Presidenti dei vari Consigli di Scuola (ciascuno rappresenta mediamente due o tre scuole dell’infanzia e altrettanti nidi), si siano uniti in mailing list per cercare di muoversi in maniera unitaria e aprirsi ad un confronto con l’amministrazione comunale. Nel fare questo alcuni genitori , a mio avviso “incauti” ma in buona fede, si sono lamentati con l’Amministrazione dell’esternalizzazione dei centri estivi.
E’ accaduto così che il Comune, che non ha mai dato risposta alle altre istanze dei genitori eletti Presidenti, al ricevere questa richiesta abbia precettato le educatrici, avvisandole a giugno, per il lavoro nei Centri estivi, senza nessuna garanzia di sorta circa la retribuzione aggiuntiva e l’eventuale recupero dei giorni durante l’anno scolastico.
Ne è nata una protesta, bella, viva, intelligente. Le educatrici si sono mobilitate e hanno creato disservizi, ma lo hanno fatto spiegando e motivando. Ho partecipato al presidio in Largo Treves ed è stato emozionante. Subito dopo ho fatto parte, come Presidente di Consiglio di Scuola, della delegazione ricevuta dall’amministrazione per un confronto. Ed è stato, non solo deludente, ma perfino imbarazzante.
Oggi mio figlio a scuola non avrà una delle sue maestre, e nemmeno domani. E’ a casa per due giorni a causa di un provvedimento disciplinare che la sospende dal servizio per le assenze “ingiustificate” del mese di luglio (ovvero, coperte unicamente da una lettera del sindacato). E non avrà retribuzione per i quindici giorni non lavorati.
La cosa al limite del ridicolo è che nemmeno le direzioni didattiche erano informate di questi provvedimenti, che hanno colpito tutte coloro che si sono mobilitate a luglio, motivo per cui si sono creati ulteriori disservizi.
Complimenti al Comune di Milano. Dei bambini, intanto, non gliene frega più niente a nessuno.
Prima educare
Pubblicato da Marcella De Carli
Ho ricevuto “Prima educare, nella scuola e nella società” in regalo da Grazia Honegger Fresco un paio di mesi fa. Lei, per me, è proprio uno di quei “maestri” di cui chi fa educazione oggi si sente privo; una maestra che ha la capacità di rendere accessibile e possibile ciò che è in realtà difficilissimo: “seguire il bambino” (montessori).
Dice la Honegger: “Mettiamo dunque in mano loro (bambini, ndr)il controllo dell’errore, fidiamoci,sia pure osservando, senza mai umiliare e il risultato ci sarà, di sicuro…Il nostro modo di educare è completamente sbagliato perchè si fonda sul pregiudizio (”Lo sapevo che avresti fatto un pasticcio”), sul giudizio (”Tuo fratello è più bravo di te”), sulla sfiducia (”Non ci riuscirai mai…Per fortuna ci sono io a dirti come devi fare”). Modalità castranti e spesso sadiche di cui è disseminato il contesto familiare e scolastico uccidendo l’autostima e il gusto di imparare. La scuola è diventata un obbligo, mentre il piacere di passarci dentro tante ore dall’infanzia all’adolescenza è, oggi come ieri, un colpo di fortuna.”
Il percorso è quindi di messa in discussione di noi adulti, intanto, ed è un lavoro lungo e difficile.
Prima educare nella scuola e nella società, a cura di Cecilia Bartoli e Luigi Monti, ed. la meridiana