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“Chi può dirsi contrario al voto in condotta, al grembiule, al ritorno ai voti?” Io, per esempio, signora ministra!

Ecco alcuni stralci di un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti alla Gelmini apparsa su “La stampa” il 1° dicembre.

Credo che il ministro meriti alcune risposte chiare…

Il film della sua vita?
«Recentemente mi ha colpito “La classe”. Mi ha suggestionato la figura di un ragazzo cinese, inserito in una classe francese, che denuncia la difficoltà ad integrarsi a causa del fatto che non conosce la lingua… E questo mi ha convinto del fatto…»

… che ci vogliono le classi ponte.
«La conoscenza della lingua e della Costituzione è importante per l’integrazione».

Ma saranno classi o saranno corsi?
«Sono favorevole alle classi ponte, ma ci saranno anche corsi pomeridiani di italiano per stranieri…».

Classi o corsi? Non è la stessa cosa.
«Un supporto aggiuntivo ai ragazzi immigrati ci vuole».

Classi speciali.
Si formerà una classe, adesso non so, è un problema organizzativo, didattico, non certo di razzismo».

Ministro, se crea dei corsi è didattica, se crea delle classi è razzismo.
«Ci si divide sempre sul pro e sul contro. Stavolta tirando in ballo questo spettro del razzismo…».

Il libro della sua vita?
«Diversi. A volte rileggo i Promessi Sposi».

Lei viene accostata al «Libro Cuore».
«Sono stata accusata di avere uno sguardo rivolto al passato, di volere una scuola non moderna».

Invece?
«Invece credo che disciplina, rigore negli studi, rispetto degli altri siano valori attuali».

Sua sorella Cinzia fa l’insegnante. Ma è della Cgil.
«Andiamo molto d’accordo».

Si è data malata per non fare lo sciopero contro di lei. Ma l’hanno criticata lo stesso.
«È sciocco speculare su queste cose».

La pensate alla stessa maniera?
«Mi dà molti consigli. Condivide le mie proposte, anche perché sono di buon senso. Chi può dirsi contrario al voto in condotta, al grembiule, al ritorno ai voti? Non siamo mica davanti alla Grande Riforma della scuola. Questa è normale manutenzione».

Il maestro unico…
«I bambini non hanno bisogno di insegnanti specialistici ma di qualcuno che insegni loro a leggere, a scrivere e a fare di conto».

Ma il tempo pieno?
«Le classi a tempo pieno aumenteranno».

Un maestro solo farà tutto il tempo pieno?
«Maestro prevalente».

Mi aiuti. Il maestro fa 22 ore. Diciamo dalle 8 alle 12. E poi?
«Ci saranno altri insegnanti».

Invece della compresenza, la presenza a seguire.
«Per questo si parla di maestro prevalente».

E il non prevalente, che fa?
«Inglese, informatica, religione, dipende…».

Il maestro di religione rimane?
«Sì».

Non è un po’ anacronistico?
«È importante difendere le nostre radici, la nostra cultura…».

La nostra cultura la facciamo difendere dai sacerdoti?
«La nostra cultura è permeata dalla cristianità».

Facciamo un’potesi: una classe composta soltanto da bambini musulmani. Gli raccontiamo di Gesù Cristo?
«Chi viene nel nostro Paese deve conoscere le radici, la cultura, le tradizioni».

Zapatero ha eliminato il crocifisso dalle scuole.
«Da noi rimane ancora. Grazie a Dio. Non offendiamo i musulmani se lasciamo nelle nostre aule il crocifisso».

Il problema non sono i musulmani, sono i laici.
«Massimo rispetto per chi non crede. Ma il crocifisso non è un’offesa per nessuno».

Domande alla ministra sul tempo scuola e la religione

cara ministra, la prego mi risponda: se per caso l’anno prossimo volessi iscrivere mio figlio in prima , mettiamo, col modello delle 27 ore, considerato che 24 (ma poi nn sono 22?) le fa la maestra prevalente e le altre sono suddivise tra inglese (1 ora), che è materia curricolare, e religione (2 ore) che è invece facoltativa, avendo scelto di nn iscrivere il mio bambino a religione….che cosa mi dice? come facciamo a fare tornare i conti?????? Lei così, senza la compresenza, mi offre solo un modello a 24 ore, uno a 25 (nn 27), uno a 28 (non 30) e, mi scusi, non ho mica capito se il cosiddetto tempo pieno avrà ancora le 4 ore di compresenza delle due insegnanti…no, vero? Una delle due “prevarrà”sull’altra, giusto? e non è che anche qui nel conteggio delle ore mi mette la religione, vero? Sa, perchè io proprio non vorrei che il mio bambino fosse discriminato con un’offerta anche in tempo scuola forzatamente inferiore agli altri bambini….

Non è cambiato nulla!

Chi da tempo si è arrischiato a leggersi il decreto, il piano programmatico e la legge lo sa, a rischio è stata sempre la compresenza e il concetto democratico di co-docenza.

E così oggi veniamo a sapere che avremo una scuola in cui un solo insegnante sarà comunque responabile del progetto educativo, anche nell’ambito del cosiddetto “tempo pieno”, perchè avremo la maestra “prevalente” e una serie di altre figure che entreranno in gioco finito l’orario di questa: la seconda insegnante nel caso delle 40 ore (se la prima è definita prevalente l’altra come la chiameremo?), nel caso delle 30 ore ci sarà un jolly che coprirà varie classi (che avrà diritto all’insegnamento o farà fare i compiti?), nel caso delle 27 ore ci penseranno inglese e religione (e gli esonerati?) e nel caso delle 24 ore ci sarà solo LEI (che in questo caso garantirà almeno la compresenza con inglese, ci rimane sempre il problema di chi non fa religione).

Allora mettiamole i bastoni fra le ruote e iniziamo ad esonerare il maggior numero possibile di bambini da religione. E poi da gennaio si fa partire una bella class-action (sempre che ci facciano la legge…)

La verità del ministro: «La sinistra mistifica e dice le solite bugie»
RAFFAELLO MASCI
ROMA
La Gelmini ha incassato il colpo dell’Onda e ora deve fare marcia indietro. Così dicono di lei, signora ministro. Cosa replica?
«Siamo di fronte ad una ingegneria della mistificazione. Voglio essere chiara subito: il maestro unico resta. Chiaro? Anzi: resta “solo” il maestro unico. Il modulo dei due maestri su tre classi è morto e sepolto per sempre».

E chi è invece che mistifica?
«La sinistra. E’ veramente pazzesco: mi hanno fatto una guerra su questo, l’hanno persa e ora si inventano che io, pressata dai loro scioperi e dalle loro proteste, sono tornata sui miei passi con la coda tra le gambe. Ma scherziamo?».

Ministro, ma qualche cosa è cambiato o no? Adesso si parla di maestro unico come «opzione». Non è stato sempre così.
«Vede? Siete caduti anche voi nella rete della disinformazione. E’ stato sempre così, invece. Tale e quale da sei mesi, da quando queste cose le ho scritte nel piano programmatico. Andatelo a rileggere». Allora facciamo come ai quiz televisivi: una domanda per volta. Le famiglie e le scuole possono o no fare delle opzioni sul maestro unico? «No. Il maestro è sempre unico».

Allora su cosa possono farle?
«Sull’orario scolastico».

Si spieghi, prego.
«Un docente ha un orario di lavoro di 22 ore. Se si sceglie di adottare l’orario di 24 ore settimanali, quella classe avrà un maestro unico, più due ore fatte da quelli di materie specialistiche, come religione o inglese, per esempio. Idem se si opta per le 27 ore».

«Se poi però si sale alle 30 ore o addirittura al tempo pieno di 40 ore, è detto esplicitamente che i maestri sono due.
«Già, ma sono due nel senso che uno fa un certo numero di ore e quando ha finito arriva l’altro. Non c’è compresenza, non c’è modulo. Prima lavora uno poi lavora l’altro».

Senta, ministro, ma perché potendo scegliere una scuola a tempio pieno, o con un orario più generoso, una famiglia dovrebbe decidere di tenersi il «modello base» da 24 ore?
«Queste sono scelte educative che ogni famiglia fa autonomamente. La scuola deve solo offrire la possibilità di aderire a più modelli». Ma se in una classe si alternano due docenti, il maestro unico salta? «Uno sarà il maestro prevalente. Ma il “modulo” come è stato concepito fino ad oggi non c’è più».

Non c’era stato un parere della commissione Istruzione della Camera perché alle famiglie venisse data la possibilità di scegliere tra maestro unico e modulo?
«No. Mai. La commissione aveva suggerito di fornire alle famiglie la possibilità di poter optare tra diverse formule di orario, e questo suggerimento noi l’abbiamo recepito. Ma che c’entra tutto questo con il passo indietro sul maestro unico?».

E’ una mistificazione anche il fatto che ha stoppato la riforma delle superiori di un altro anno?
«Non ho fermato nessuna riforma. Tant’è che procederò nelle prossime settimane a varare i provvedimenti relativi anche a questo segmento dell’istruzione».

E che cosa ha fatto, allora, dato che ne ha rimandato l’attuazione al 2010?
«Ho deciso di dedicare più tempo ad una campagna di informazione presso le scuole e le famiglie, sul carattere e sulle novità di questa riforma varata dai miei due diretti predecessori, Moratti e Fioroni. Una campagna in questo senso partirà all’inizio dell’anno nuovo. Poi ci sono ancora alcuni pareri da acquisire, alcune decisioni da tradurre in provvedimenti normativi. Una cosa è fare le cose nei tempi giusti, altro è dare uno stop. Giusto?».

Religione, il dogma in aula, un’ora che vale un miliardo

Un articolo comparso su Repubblica del 25 ottobre 2007 a firma di Curzio Maltese

La Spagna studia la revisione degli accordi con la Chiesa
In Italia invece non se ne parla neppure

di CURZIO MALTESE

L’ultima ondata di bullismo nelle scuole ha convinto il governo a istituire dal prossimo anno due ore di educazione civica obbligatoria, chiamata Cittadinanza e Diritti Umani, in ogni ordine d’ insegnamento, dalle materne ai licei. Durissima la protesta dei vescovi, che hanno parlato di “catechismo socialista” e invitato le associazioni di insegnanti e genitori cattolici a scendere in piazza e avvalersi dell’obiezione di coscienza. Il presidente del consiglio ha risposto in televisione che, nel rispetto totale della maggioranza cattolica del paese, la laicità dello Stato resta un valore fondante della democrazia e l’educazione civica non è né può essere in competizione con l’ora facoltativa di religioni (cattolica come ebraica, islamica o luterana) già prevista nei programmi. Il premier ha aggiunto di voler confermare i tagli ai finanziamenti delle scuole private cattoliche e non, definiti “un ritorno alla legalità costituzionale” rispetto alla politica del precedente governo di destra. A questo punto forse il lettore si sarà domandato: ma dov’ ero quando è successo tutto questo? In Italia. Mentre la vicenda naturalmente si è svolta altrove, nella Spagna del governo Zapatero, otto mesi fa. Il braccio di ferro fra stato laico e vescovi è andato avanti e oggi il governo spagnolo studia addirittura una revisione del Concordato del 1979. Una realtà lontana da noi.

Nelle scuole italiane, più devastate dal bullismo di quelle spagnole, l’ora di educazione civica è abolita nelle primarie e quasi inesistente nelle superiori. Lo Stato in compenso si preoccupa di tutelare il più possibile l’ora di religione, al singolare: cattolica. Quanto ai finanziamenti alle scuole private cattoliche, in teoria vietati dall’articolo 33 della Costituzione (”Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”), l’attuale governo di centrosinistra, con il ministro Fioroni all’Istruzione, è impegnato al momento a battere i record di generosità stabiliti ai tempi di Berlusconi e Letizia Moratti.
L’ora facoltativa di religione costa ai contribuenti italiani circa un miliardo di euro all’anno. E’ la seconda voce di finanziamento diretto dello Stato alla confessione cattolica, di pochi milioni inferiore all’otto per mille. Ma rischia di diventare in breve la prima. L’ultimo dato ufficiale del ministero parla di 650 milioni di spesa per gli stipendi agli insegnanti di religione, ma risale al 2001 quando erano 22 mila e tutti precari. Ora sono diventati 25.679, dei quali 14.670 passati di ruolo, grazie a una rapida e un po’ farsesca serie di concorsi di massa inaugurati dal governo Berlusconi nel 2004 e proseguita dall’attuale.

Il regalo del posto fisso agli insegnanti di religione è al centro d’ infinite diatribe legali. Per almeno due ordini di ragioni. La prima obiezione è di principio. L’ora di religione è un insegnamento facoltativo e come tale non dovrebbe prevedere docenti di ruolo. Per giunta, gli insegnanti di religione sono scelti dai vescovi e non dallo Stato. Ma se la diocesi ritira l’idoneità, come può accadere per mille motivi (per esempio, una separazione), lo Stato deve comunque accollarsi l’ex insegnante di religione fino alla pensione.

L’altra fonte di polemiche è la disparità di trattamento economico fra insegnanti “normali” e di religione. A parità di prestazioni, gli insegnanti di religione guadagnano infatti più dei colleghi delle materie obbligatorie. Erano già i precari della scuola più pagati d’ Italia. Nel 1996 e nel 2000, con due circolari, i governi ulivisti avevano infatti deciso di applicare soltanto agli insegnanti di religione gli scatti biennali di stipendio (2,5 per cento) e di anzianità previsti per tutti i precari della scuola da due leggi, una del 1961 e l’altra del 1980. Il vantaggio è stato confermato e anzi consolidato con il passaggio di ruolo, a differenza ancora una volta di tutti gli altri colleghi.

L’inspiegabile privilegio ha spinto prima decine di precari e ora centinaia di insegnanti di ruolo di altre materie a promuovere cause legali di risarcimento. Nel caso, per nulla remoto, in cui le richieste fossero accolte dai tribunali del lavoro, lo Stato dovrebbe sborsare una cifra valutabile fra i due miliardi e mezzo e i tre miliardi di euro. A parte le questioni economiche e legali, chiunque ricordi che cos’ era l’ora di religione ai suoi tempi e oggi chiunque trascorra una mattinata nella scuola dei figli non può evitare di porsi una domanda. Vale la pena di spendere un miliardo di euro all’anno, in tempi di tagli feroci all’istruzione, per mantenere questa ora di religione? Uno strano ibrido di animazione sociale e vaghi concetti etici destinati a rimanere nella testa degli studenti forse lo spazio d’ un mattino. Pochi cenni sulla Bibbia, quasi mai letta, brevi e reticenti riassunti di storia della religione.

In Europa il tema dell’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche è al centro di un vivace e colto dibattito, ben al di sopra delle vecchie risse fra clericali e anticlericali. Nello stato più laico del mondo, la Francia, il regista Regis Debray, amico del Che Guevara e consigliere di Mitterrand, a suo tempo ha rotto il monolitico fronte laicista sostenendo l’utilità d’ inserire nei programmi scolastici lo studio della storia delle religioni. In Gran Bretagna la teoria del celebre biologo Roger Dawkins (”L’illusione di Dio”), ripresa dallo scienziato Nicholas Humprey, secondo il quale “l’insegnamento scolastico di fatti non oggettivi e non provabili, come per esempio che Dio ha creato il mondo in sei giorni, rappresenta una violazione dei diritti dell’infanzia, un vero abuso”, ha suscitato un ricco dibattito pedagogico. Ma è un fatto, sostiene Dawkins, che “noi non esitiamo a definire un bambino cristiano o musulmano, quando è troppo piccolo per comprendere questi argomenti, mentre non diremmo mai di un bambino che è marxista o keynesiano, Con la religione si fa un’eccezione”.

In Germania, Spagna, perfino nella cattolicissima Polonia di Karol Woytjla, il dibattito non si è limitato alle pagine dei giornali ma ha prodotto cambiamenti nelle leggi e nei programmi scolastici, come l’inserimento di altre religioni (Islam e ebraismo, per esempio) fra le scelte possibili o la trasformazione dell’ora di religione in storia delle religioni comparate, tendenze ormai generali nei sistemi continentali. In Italia ogni timido tentativo di discussione è stroncato sul nascere da una ferrea censura. L’ora di religione cattolica è un dogma. La sola ipotesi di affiancare all’ora di cattolicesimo altre religioni, come avviene in tutta Europa con le sole eccezioni di Irlanda e dell’ortodossa Cipro, procura un immediata patente di estremismo, anticlericalismo viscerale, lobbismo ebraico o addirittura simpatie per Al Quaeda. Quanto ad abolirla, come in Francia, è un’ipotesi che non sfiora neppure le menti laiche.

Gli unici ad avere il coraggio di proporlo sono stati, come spesso accade, alcuni intellettuali cattolici. Lo scrittore Vittorio Messori, per esempio: “Fosse per me cancellerei un vecchio relitto concordatario come l’attuale ora di religione. In una prospettiva cattolica la formazione religiosa può essere solo una catechesi e nelle scuole statali, che sono pagate da tutti, non si può e non si deve insegnare il catechismo. Lo facciano le parrocchie a spese dei fedeli~ Perciò ritiriamo i professori di religione dalle scuole pubbliche e assumiamoli nelle parrocchie tassandoci noi credenti”.

Messori non manca di liquidare anche gli aiuti di Stato alle scuole cattoliche, negati per mezzo secolo dalla Democrazia Cristiana, inaugurati con la legge 62 del 10 marzo 2000 dal governo D’ Alema con Berlinguer all’Istruzione, dilagati nel periodo Berlusconi-Moratti (con il trucco dei “bonus” agli studenti per aggirare la Costituzione) e mantenuti dall’attuale ministro Fioroni, con giuramento solenne davanti alla platea ciellina del meeting di Rimini. “Lo Stato si limiti a riconoscere che ogni scuola non statale in più consente risparmio di danaro pubblico e di conseguenza conceda sgravi fiscali. Niente di più”.

Il cardinale Carlo Maria Martini, da arcivescovo di Milano, aveva dichiarato che l’ora di religione delle scuole italiane doveva ritenersi inutile o anche “offensiva”, raccomandando di raddoppiarla e farne una materia seria di studio oppure lasciar perdere. La Cei ha sempre risposto che l’ora di religione è un successo, raccoglie il 92 per cento di adesioni, a riprova delle profonde radici del cattolicesimo in Italia. Ma se la Cei ha tanta fiducia nei fedeli non si capisce perché chieda (e ottenga dallo Stato) che l’ora di religione sia sempre inserita a metà mattinata e mai all’inizio o alla fine delle lezioni, come sarebbe ovvio per un insegnamento facoltativo. Perché chieda (e sempre ottenga) il non svolgimento nei fatti dell’ora alternativa. In molte materne ed elementari romane ai genitori è stato comunicato che i bambini di 5 o 6 anni non iscritti all’ora di religione “potevano rimanere nei corridoi”. Prospettiva terrorizzante per qualsiasi madre o padre.

D’ altra parte la sicurezza ostentata dai vescovi si scontra con l’allarme lanciato nella relazione della Cei dell’aprile scorso sul progressivo abbandono dell’ora di religione, con un tasso di rinuncia che parte dal 5,4 delle elementari e arriva al 15,4 per cento delle superiori (con punte del 50 non solo nelle regioni “rosse” come la Toscana o l’Emilia-Romagna ma anche in Lombardia e nelle grandi città), man mano che gli studenti crescono e possono decidere da soli. Alla fine nessun argomento ufficiale cancella il dubbio. L’ora di religione, così com’ è, costituisce davvero un insegnamento del catechismo (”che in ogni caso ciascuno si può portare a casa con poche lire” ricordava don Milani) o non piuttosto un altro miliardo di obolo di Stato a san Pietro?
(Hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)

Gli I.R.C. nell’era Gelmini

Forse per paura di perdere un certo consenso, di allontanare qualche genitore coinvolto nel risucchio dell’Onda, forse perchè pochi in realtà si sono ancora fermati a pensarci. Non so perchè, ma di questo non si parla: l’ora di religione nella scuola pubblica.

La scuola pubblica è laica per costituzione, eppure tra gli insegnamenti troviamo la RELIGIONE CATTOLICA.

A partire dai 3 anni in tutte le scuole statali di ogni ordine e grado (anche nelle scuole paritarie, pena la perdita della parifica) esiste un insegnante scelto dalla Curia e pagato dallo Stato (cioè da OGNI cittadino) che per due ore alla settimana tiene lezioni di morale ai nostri figli.

Ma a tutti sembra normale?

Comunque tranquilli….Marystar taglia tutto, taglia i laboratori, le compresenze, le uscite didattiche, persino l’inglese (che verrà insegnato dalle maestre comuni dopo un corso di 150 ore!!!!) ma non toccherà in alcun modo l’insegnamento della religione cattolica!

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