Archivio per la tag 'Scuola'
La disciplina
Pubblicato da Marcella De Carli
Gli adulti considerano la disobbedienza una sfida, come se l’obbedienza fosse cosa ovvia, un’equazione: ”Il rapporto con l’adulto raggiunge il massimo quando il bambino obbedisce”.
Il bambino che disobbedisce viene considerato “cattivo”, come se la bontà corrispondesse ad un bambino fermo, tranquillo, che non si muove e non si agita.
Nell’inconscio collettivo c’è un grande disagio di fronte ad un bambino che non obbedisce.
Diventa necessario porsi degli interrogativi: “Che cos’è l’obbedienza? Noi come adulti ci sentiamo di dover obbedire a qualcuno? Perché?”.
Non è forse vero che aderiamo alle regole se le sentiamo nostre, se riconosciamo l’autorevolezza di chi le fa rispettare?
In un paragone con la legge data a Mosè nella Bibbia, Maria Montessori sottolinea come nell’educazione siano importanti le due “L”: legame e legge.
Non si può pretendere la disciplina, poiché non è una cosa ovvia sapere “obbedire”. Perché il bambino aderisca alle richieste che gli vengono mosse è necessario che egli abbia instaurato una relazione con chi gliele muove, che abbia creato un legame.
Inoltre l’obbedienza è un’espressione dello sviluppo e di conseguenza segue sempre delle tappe, non è pensabile che sia un fatto spontaneo.
Non si può chiedere ad un bambino quello che lui non è in grado di dare; è importante valutare l’età e il momento, dare tempo.
Il bambino conosce l’obbedienza, perché da quando è nato ha obbedito alla mente assorbente, manifestando disagio quando il suo lavoro di assorbimento non poteva seguire il suo ritmo naturale: il bambino obbedisce a leggi di natura, ma spesso sono gli adulti che gli impediscono di farlo.
Se l’adulto allora lo segue, lo rispetta e obbedisce con lui a queste leggi, nel bambino nascono fiducia e stima nei confronti di questa persona; se vengono rispettati i suoi bisogni, diventa naturale la corrispondenza con l’accettazione del limite e il bambino si mostra capace di accogliere i “no”.
Chi lavora con i bambini deve tenere in considerazione che ciascuno di loro è portatore di vissuti differenti e che l’organo psichico della volontà è ancora incompleto nel bambino fino a 5/7 anni.
A 2 anni, l’età del “no”, il bambino realizza di avere una volontà: l’adulto cercherà di capirlo, di accoglierlo, mantenendo la fermezza nelle decisioni, praticando strade di contorno.
A partire da questa età si può aiutare il bambino nel cammino verso l’obbedienza, caratteristica che serve per sviluppare il senso critico e quindi anche per imparare a disobbedire.
La maestra deve saper riconoscere la diversità del mondo dell’infanzia da quello degli adulti: spesso a parole si dice che i bambini sono diversi dagli adulti, ma poi questi finiscono per trattarli come se fossero uguali a loro.
E’ necessario pensare al presente, a ciò che il bambino vuole fare oggi, non al fatto che questo gli servirà domani (anche se poi sarà così): se si pensa ad un bambino che impara a salire e scendere dalle scale, ad esempio, si deve tenere presente che il motivo che lo spinge a farlo è il piacere di fare, non vive la motivazione futura, non sa che gli servirà.
Il bambino gode nell’imparare, obbedendo alle leggi di natura: se viene lasciato libero di sperimentare il proprio limite nelle sue azioni avverrà in lui un cambiamento.
Nasce così una sorta di autoguarigione, la scoperta di un nuovo piacere a stare con gli altri, che si fonda su un mutamento profondo dell’individuo.
Il processo di normalizzazione, come lo definiva Maria Montessori, avviene attraverso l’attività
“ Il lavoro perfeziona interiormente il bambino; ma il bambino che si è perfezionato lavora meglio e il lavoro migliorato lo affascina, quindi continua a perfezionarlo interiormente.
La disciplina dunque non è un fatto, ma una via, sulla quale il bambino conquista, con precisione che potrebbe dirsi scientifica, il concetto della bontà.
Ma più che altro assapora i godimenti supremi dell’ordine interiore che si raggiunge a traverso le conquiste conducenti al proprio fine.”
( Maria Montessori – La disciplina nella Casa dei Bambini – da “La scoperta del bambino”, pagg.332/333)
Il limite al senso di onnipotenza del bambino viene allora dato indirettamente, nell’organizzazione del lavoro, a piccoli passi.