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Piena solidarietà alle educatrici dei nidi e delle scuole dell’infanzia del Comune di Milano
Pubblicato da Marcella De Carli
La faccenda la conosco molto bene, in qualche modo faccio parte della scintilla che ha appiccato il fuoco.
I servizi all’infanzia del Comune di Milano, una volta fiore all’occhiello della città, stanno da anni vivendo una fase di declino, complici giunte interessate più a fare cassa che a investire sul futuro.
Si è iniziato con le esternalizzazioni selvagge, andando ad appaltare a cooperative esterne servizi come la distribuzione dei pasti e le pulizie, con conseguente risparmio sul personale ATA (commessi). Nelle scuole di cinque sezioni fino allo scorso anno erano presenti cinque commessi, da quest’anno sono solo due. Le pulizie vengono fatte da un’impresa al termine dell’orario scolastico mentre i pasti vengono distribuiti dalle cosiddette “scodellatrici” retribuite una vera miseria (mi dicono 6 euro all’ora) per svolgere in poco tempo un lavoro assurdo. Questo non solo comporta uno scadimento del servizio, ma mette anche a rischio la sicurezza di chi a scuola ci vive. Un esempio per tutti: se alla mattina c’è un solo commesso alla porta durante l’ingresso e in classe una sola educatrice con 25/26 bambini (se va bene) e succede qualcosa anche di banale, tipo un bimbo che si fa male o che si sporca, a questo punto o l’educatrice lascia la classe sola, o il commesso, per venire in aiuto, abbandona l’ingresso.
Ma l’esternalizzazione meno sopportabile è, e ormai da anni, quella degli educatori che si occupano del sostegno ai bambini disabili. Questo sia su un piano umano (se la cooperativa perde l’appalto, come è successo, il bambino perde l’educatrice di riferimento e questa viene invitata, se vuole mantenere la continuità nel suo lavoro, a cambiare cooperativa!), sia su un piano professionale (se l’insegnante è riconosciuta come sostegno alla classe e non al bambino, come si giustifica un orrore del genere? Abbiamo educatrici di serie B per bambini di serie B!).
Tanto tanto tempo fa, quando le scuole materne del Comune di Milano facevano gola a qualsiasi educatore (allora si preferiva il comune allo stato!), quando la formazione offerta era interessantissima, arricchente e davvero una risorsa, quando nei nidi e nelle materne si respirava professionalità ed entusiasmo, quando il mestiere era chiaramente una scelta, quando i genitori imparavano dalle maestre, quando si pensava a Milano come città dei bambini, ecco, ci fu un tempo in cui fare questo mestiere era un privilegio. In cui mai veniva a mancare il “significato” del proprio lavoro. In cui si riconosceva, anche economicamente, il valore dell’educatore.
A quei tempi (parlo di una quindicina di anni fa), la famosa sesta ora, l’ora in più quotidiana che il Comune prevede rispetto al contratto statale, veniva retribuita 200.000 lire. Oggi si parla 103 euro.
A quei tempi le educatrici “regalavano” normalmente ore al loro lavoro, perchè erano gratificate e rispettate.
A quei tempi i Centri estivi erano gestiti internamente dal personale del Comune che, per i quindici giorni di lavoro a luglio, veniva retribuito in più e otteneva la possibilità di recuperare alcuni giorni durante l’anno scolastico.
Negli ultimi anni, però, il Comune ha iniziato, come dicevo, ad esternalizzare quanti più servizi tra i quali, appunto, i Centri estivi. Mantenendo l’offerta alle educatrici di lavorarci (sempre con retribuzione aggiuntiva e recupero di giorni), su base volontaria, la copertura dei posti mancanti avveniva tramite appalto esterno. Un tempo, pare, non ce n’era bisogno.
Ora, qualcuno si è chiesto come mai le educatrici si siano disaffezionate al lavoro di luglio? Io ho provato a parlare con alcune di loro e la risposta è che non ce la fanno più; non ce la fanno perchè durante l’anno scolastico sono messe in condizioni di lavoro faticose e sempre più stressanti, con aumento del numero di bambini per sezione, carenza cronica, ormai, di personale, senza più i commessi a dare una mano e, soprattutto, senza più il collante della motivazione al proprio mestiere.
Lo scadimento dei servizi ha fatto sì che alcuni genitori, eletti Presidenti dei vari Consigli di Scuola (ciascuno rappresenta mediamente due o tre scuole dell’infanzia e altrettanti nidi), si siano uniti in mailing list per cercare di muoversi in maniera unitaria e aprirsi ad un confronto con l’amministrazione comunale. Nel fare questo alcuni genitori , a mio avviso “incauti” ma in buona fede, si sono lamentati con l’Amministrazione dell’esternalizzazione dei centri estivi.
E’ accaduto così che il Comune, che non ha mai dato risposta alle altre istanze dei genitori eletti Presidenti, al ricevere questa richiesta abbia precettato le educatrici, avvisandole a giugno, per il lavoro nei Centri estivi, senza nessuna garanzia di sorta circa la retribuzione aggiuntiva e l’eventuale recupero dei giorni durante l’anno scolastico.
Ne è nata una protesta, bella, viva, intelligente. Le educatrici si sono mobilitate e hanno creato disservizi, ma lo hanno fatto spiegando e motivando. Ho partecipato al presidio in Largo Treves ed è stato emozionante. Subito dopo ho fatto parte, come Presidente di Consiglio di Scuola, della delegazione ricevuta dall’amministrazione per un confronto. Ed è stato, non solo deludente, ma perfino imbarazzante.
Oggi mio figlio a scuola non avrà una delle sue maestre, e nemmeno domani. E’ a casa per due giorni a causa di un provvedimento disciplinare che la sospende dal servizio per le assenze “ingiustificate” del mese di luglio (ovvero, coperte unicamente da una lettera del sindacato). E non avrà retribuzione per i quindici giorni non lavorati.
La cosa al limite del ridicolo è che nemmeno le direzioni didattiche erano informate di questi provvedimenti, che hanno colpito tutte coloro che si sono mobilitate a luglio, motivo per cui si sono creati ulteriori disservizi.
Complimenti al Comune di Milano. Dei bambini, intanto, non gliene frega più niente a nessuno.